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Le poesie di eVangelo

Salmo  91


di Giovanni Diodati
Trascritto da eVangelo

Salmo 91

Chi, del mondo in disparte,
sceglie presso al Sovran stanza romita,
Per riposto, e sicur porto di vita,
n'unque da lui si parte:
l'Onnipotente, con l'ombra de l'ale,
gli è ripar d'ogni male.
Di quest'eterno vero
l'alma mia consolata il frutto coglie:
e, con accesa fé, la lingua scioglie
al Signor, in te spero,
o mio Dio, o mia Rocca, e schermo fido,
in te lieto m'affido.
E per te mi risponde
Santo pensier, in spirital quiete,
Egli ti scampa da l'infida rete,
ch'uccellator' asconde:
e da quelle che fa stragi funeste
dipopolante peste.
Qual, co'distesi vanni,
augel' a' figli fa cauta difesa,
Egli ti copre di mortal' offesa
e di gravosi danni:
ed a l'aspre ferite il lato ignudo
cinge di forte scudo.
Ne notturno terrore,
ne volante nel dì snella saetta,
n'aura di morbo pestilente infetta,
ch'al vespro, di pallore
dipinta, scorra, o diserti al merigge,
di tema il cor t'affligge.
E, con tranquillo volto,
mille vedrai caderne al destro fianco,
e di migliaia le decine, al stanco,
e'l mal da te rivolto:
e qual'agli empi infin dira mercede
non aspetta riede.
Di tal franca baldanza
la fé t'avviva il generoso petto,
ch'appo l'Eccelso prendi erto ricetto,
e riposata stanza:
ne t'affal' improviso scempio fello,
non pianga il queto ostello.
Cha 'n provida balia,
Egli ti diedi a' suoi Angeli santi,
da farti scorta, ovunque l'orme pianti:
e, perché ne la via,
sasso d'intoppo non t'ingombri il piano,
ti leveranno in mano.
Sopra l'ispide terga
de' leon premerai pianta sicura:
su' draghi, ed aspi, ne ti punga cura,
ch'alcun contra te s'erga:
e schernirai lo scannatrice foce
di leoncel feroce.
Perché, dico il Signore,
Egli m'adora con pietoso affetto:
porrollo in salvo, ed in sublime tetto,
d'ogni distretta fuore:
che la virtù del mio gran Nome save,
e 'n riverenza l'have.
Qualor, con prece ardente,
fatte m'havrà del cor le doglie conte,
risposte gli darò benigne, e pronte:
e da mia man presente,
in gravi affanni havrà scampo, e vittoria,
e coronata gloria.
Di largo corso d'anni
farallo mia mercé pago, e contento:
e del partir' al lucido momento
di questi ombrosi panni,
gli sie di mia salute eterna scorto
il disiato porto.

 


Data: 25/06/2003
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