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Le poesie di eVangelo

Salmo  89


di Giovanni Diodati
Trascritto da eVangelo

Salmo 89

Quanto 'l Signor sie buono, e gratioso,
vò cantar senza fine:
E a tutte etadi il grido
far di sua verità chiaro, e famoso.
Che le gratie divine,
(mi dice un pensier fido)
sono in eterno salde, e stabilite:
e fu l'eteree spere,
de le parole sue, costati, e vere,
le stampe egli ha scolpite.
Al sacro Eletto mio, disse il Signore,
per amorevol patto,
volli obligar la fede:
ed a David, mio caro servidore,
con giuramento fatto,
promisi la mercede,
di stantiar' il suo real legnaggio,
fermo, in eternitade:
sì e' habbia il solio suo, per ogni etade,
di durar' il vantaggio.
Meco, Signore, vanteranni i cieli
l'alte tue meraviglie:
e'l tuo sagrato vero
i chori bandiran de' tuo' fedeli.
Perché chi ti somiglie,
in essenza, od impero,
(non ch'a te possa pari gloriarsi)
in sul cielo stellato,
o fra lo stuol Angelico beato,
non puote ritrovarsi.
Nel consiglio de' Santi ò spaventosa
la Maestà di Dio:
sopra quegli è tremenda,
che la sua seggia cingon gloriosa.
Chi, col poter natio,
Unque farà ch'ascenda,
al par di te, Signor di schiere armate?
Oltr'a ciò, d'ogn'intorno
cerchio ti face lampeggiante, e adorno,
l'alma tua veritate.
Tu sol, o Dio, col cenno signoreggi
sopra'l gonfio Oceano:
e, se l'onde, spumante,
erge a le stelle, tu'l calmi, e pareggi.
Tu già l'Egitto insano,
dietro a tue schiere sante,
a guisa d'huomo da coltel trafitto.
Atterrasti nel suolo,
e dispergesti il fier nemico stuolo,
col sovran braccio invitto.
Del vasto cielo tu possiedi il tondo,
e de la bassa terra
altresì sei padrone.
Su basi immote tu fondasti il mondo,
con ciò che cape, e serra.
Tu del Settentrione,
e del Merigge le distinte clime,
creasti, e nel tuo Nome,
d'Hermon, e di Tabor, con verdi chiome
festeggian l'alte cime.
Sono le tue, Signor, potenti braccia:
e vince di fortezza
Tua man qualunque prova:
e, con la destra,
fai che ti soggiaccia
ogni creata altezza.
Perché giammai si smuova,
giudizio, ed equità, sostegno fanno
al solio tuo reale:
dinanzi al volto tuo, fede leale,
mercede, e gratia vanno.
Quanto 'l popol si può vantar felice,
ché, co' spirti esultanti,
gusta le gioie dive!
E de l'alma tua faccia beatrice
camina a' lumi santi!
E solenni, e festive
letitie in te tuttodì rinovella!
E de' tuo' fatti giusti,
ond'ei riceve honori, e pregi augusti,
altamente favella!
Perché te fe' de' tuoi la gloria, e possa:
e, mercé il tuo favore,
fronte, di corno armata,
erta portiamo, francamente scossa.
Che feudo fe' Signore,
ed aita fidata,
in ogni assalto, a la tua gente imbelle.
Al nostro Rege diede
lo scettro, e fa che queto ei lo possiede,
il Santo d'Israele.
In vision a' tuoi santi profeti,
del caro tuo pietoso,
già festi chiari, e noti,
i tuo' consigli, ed i pensier segreti.
D'attorno al Poderoso
aiuti fidi, e immoti,
vò porre, ed in eccelsa fede, e stato,
l'eletto infra mia gente,
erger David, il mio fedel servente,
unto d'olio sagrato.
La mia destra tuttor saldo riparo
gli farà  d'ogni scempio.
E, col mio braccio forte,
in guerriero valor farollo chiaro.
Ne sie ch'l fello, ed empio
nemico cruda morte
unque gli die, o sotto'l piè l'atterre.
Anzi, da me dispersi,
e fien'uccisi i suoi rubelli avversi,
che gli fan strazi, e guerre.
Ei l'alma fede, a canto.
E, per la mia virtude,
il trionfal suo corno alzato sia,
con glorioso vanto.
E, quanto spazio chiude,
il mar' a destra, e a stanca il Fiume Eufrate,
i' farò ch'ei possegga,
e sotto 'l freno de l'imperio regga,
con somma podestate.
Egli mi porgerà devota prece,
o dolce Padre mio,
o Dio, che'n fede adoro:
Tu di scampo mi sei, di Rocca in vece.
Ed io darogli in fio,
che de' regi fra 'l choro,
i primi tenga, e' più sublimi gradi:
ed i giurati patti
gli atterrò, sì ch'ognor gioisca in fatti
le mie benignitadi.
In perpetuo fiorir farò 'l suo seme,
e de l'imperio il trono,
col moto invariato
del celeste rotar, durar' insieme.
che se ritrosi sono
al mio divin mandato
i figli suoi, ne d'osservarlo han cura,
darò lor su le terga,
pe' lor misfatti, con paterna verga,
severa battitura.
Non sie ch'unque però il mio buon volere
del tutto a lui ritolga:
ne ch'incostante menta
contra le sante mie promesse vere:
ne che 'l mio patto sciolga,
o che disdir consenta
gli effetti, quanto da mie labbra uscio.
A David i' giurai,
per la mia Santità, ne farò mai
ad attener restio.
I' dissi d'eternar di lui la prole,
e fondar la sua seggia,
nel mio divin cospetto,
per età senza fin, al par col sole.
e, qual nel ciel lampeggia
la luna, in lume schietto,
far che sie sempre salda, e stabilita:
di che sul fermamento
è il fido testimon, e l'argomento,
che questo ver n'addita.
E pur tu l'hai, Signor, havuto a sdegno:
e, di cruccio infocato.
Desti lontano bando
a l'Unto tuo, che già sagrasti al regno:
l'accordo patteggiato
col tuo servo annullando.
Tu gli hai convolto il puro diadema
per entro 'l fango immondo:
e le sue rocche, e mura, a tondo a tondo,
messe in rovina estrema.
D'esso i passanti fer prede, e rapine:
e, per giunta dogliosa,
con onte, e vituperi,
spietate l'assalir genti vicine.
Per vittoria fastosa,
i suo' contrari alteri
festi scoppiar' in gridi giubilanti:
e 'l taglio ribattesti
al suo coltel, sì ch'a' nemici infesti
star non poté davanti.
Di gloria il raggio, ond'era lampeggiante,
hai rintuzzato, e spento
e traboccato al suolo
del patrio impero il solio trionfante:
ed in breve momento,
fatto fuggir' a volo
degli anni giovenili il vago fiore:
d'onta tu l'hai ravvolto.
Vuoi tu sempre celarci il dolce volto,
ne più mostrarti fuore?
Ferveranti in eterno in petto l'ire?
Hor l'esser mio mondano
fral, e breve, habbi a mente.
Perché, facendo noi così perire,
creato havresti in vano
tutta l'humana gente?
Chi 'l morir scampa, ne l'avello vede?
Ov'è la gratia pia,
ch'al tuo caro David giurasti pria,
per tua verace fede?
De l'obbrobrio, Signor, memoria tieni
ch'a' tuo' santi, e fedeli,
profane genti fanno;
onde pregni portiam e petti, e seni.
Perché fitte crudeli,
con lingue audaci, danno
del Re tuo sacro al pover rimanente:
e le tarde pedate
scherniscon del tuo Christo. Hor' a Dio date
sien lodi eternamente.

 


Data: 05/04/2003
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